leggo per te

"Io dico per te luna, io dico per te sole, Io chiamo per te il mondo con le mie poche parole…" (Bruno Tognolini)


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C’era una volta… un pezzo di legno

C’era una volta…
– Un re! – diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno. Non era un legno di lusso, ma un semplice pezzo da catasta, di quelli che d’inverno si mettono nelle stufe e nei caminetti per accendere il fuoco e per riscaldare le stanze.”

Questo è l’incipit di uno dei più importanti e amati libri per ragazzi, diventato una delle opere imprescindibili della storia della letteratura dell’infanzia (e non solo). Pinocchio è una sorta di “mostro sacro” che ha conosciuto, negli anni, svariate edizioni, letture, illustrazioni, trasposizioni cinematografiche e “riduzioni”. Quando, alcuni mesi fa, ho saputo che Alessandro Sanna si sarebbe cimentato in una personale “lettura per immagini” del capolavoro di Collodi, ho provato più volte a immaginare il risultato. Dal momento che era già stato reso noto il titolo della pubblicazione, ero terribilmente incuriosita da quella parolina: prima.

Prima.
Prima di Pinocchio?
Quale fu la genesi, non letteraria ma ontologica, di questa storia senza età e di questo burattino di legno, perennemente sospeso fra fantasia e realtà, ironia e malinconia, paura e avventura, bontà e fragilità?

In quel “prima” c’è tutta la forza immaginifica, la passione e il desiderio di buttarsi a capofitto in un’avventura, in un viaggio di fantastica formazione. Ancor prima di iniziare a sfogliare l’albo, quell’avverbio nel titolo ha un effetto spiazzante e ti fa trattenere il fiato.

Poi, l’esplosione.

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Assistiamo alla nascita di questo legno, di questo albero-matrice. La sua creazione – dopo l’impatto del meteorite con la terra – viene narrata coi colori e le tonalità del mito. Il lettore viene così trasportato, come nell’altro meraviglioso libro “senza parole”, Fiume Lento, nel mondo artistico tipico di Sanna: e non può non essere affascinato dall’uso sapiente del colore e dalla cura con la quale si rivelano le sfumature. In Fiume Lento l’acqua era l’elemento fondamentale; qui è il cielo. L’albero è un ponte naturale, e al tempo stesso fortemente simbolico, fra acqua, terra e cielo. Le prime tavole celebrano un inizio che racchiude in sé tanti inizi, così come una storia che è divenuta un classico racchiude in sé diversi rivoli di narrazione.

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Questo “pezzo di legno” si distacca e si allontana per andare alla ricerca della propria libera identità; le sue avventure sono evocate con pennellate intense nei toni del blu, del rosso, del viola. Ritroviamo la passione dell’Autore per la natura, l’alchimia fa i diversi elementi, la profondità dei cieli, delle acque, della terra stessa. Schizzi neri, flessuosi, dinamici ed eleganti rivelano un contorno di personaggi che richiamano da vicino coloro che accompagneranno il burattino di legno.  Dal gatto e la volpe al grillo, dal possente Mangiafuoco alla balena, per arrivare al serpente dalla coda fumante, forse meno presente nell’immaginario dei lettori (nel libro di Collodi, Pinocchio lo incontra mentre sta per tornare alla casa della fata: il rettile finirà col morire letteralmente “scoppiando” dal ridere).

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capture8Ormai maturato in seguito alle vicissitudini affrontate, il pezzo di legno comincia a germogliare, sino a diventare a sua volta un albero. Qui i toni si fanno più freschi e delicati: azzurro, bianco, verde.

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In chiusura, vediamo arrivare un uomo con un asino: colui che finirà col raccogliere da quell’albero il famoso pezzo da catasta (“così inizia la storia di un pezzo di legno“).

Come altre opere di Sanna, Pinocchio prima di Pinocchio si può affrontare partendo da differenti chiavi di lettura. Siamo di fronte a un personaggio che, da sempre, rappresenta la libertà, la fantasia, ma al tempo stesso le debolezze e le inquietudini della vita. Questo albo illustrato ne rispecchia la complessità e la profondità e implica una conoscenza approfondita e riflessiva dell’originale opera di Collodi (ben lontana da certe letture riduttive che hanno, nel tempo, snaturato la vera essenza della storia). E’ un omaggio da cui traspare un amore riverente per un classico che ha ricoperto un ruolo importante nell’infanzia di molti di noi. Le suggestive tavole sono permeate dal personalissimo tocco dell’artista. Ampie, ariose, di un’eleganza istintiva, non ricercata, apparentemente “semplice” (ma di quella semplicità che nasconde un lungo e ragionato lavorìo di osservazione, scandito da scelte accurate).  Le immagini sono permeate da una forte carica narrativa: la loro successione – in piccoli riquadri o illustrazioni a tutta pagina – suggerisce i vari momenti, le pause, le svolte, proprio come nella lettura.
L’armonia e l’energia della natura rappresentano da sempre un tema assai caro all’Autore: qui assistiamo allo svolgersi di un legame profondo, ancestrale, dal quale emerge l’identità del protagonista.

Vogliamo dunque immaginare che quell’umile pezzo di legno destinato al camino abbia avuto una storia antica. Una genesi e una trasformazione capaci di infondere in esso quel pizzico di insondabile magia, risvegliato dall’affetto paziente di un vecchio falegname e da una bambina dai capelli turchini (come il cielo che ammanta di sé questo albo prezioso).

Qui la scheda del libro sul sito dell’Editore Orecchio Acerbo e il video grazie al quale è possibile vedere come nascono gli acquerelli di Alessandro Sanna.

Vi invito anche a vedere e osservare questo video dedicato al workshop sul silent book che Alessandro Sanna ha animato lo scorso ottobre durante il Buck Festival di Foggia.


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Orizzonti. Con un “piccolo elogio ai libri senza parole”.

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Viviamo tempi difficili, dove le notizie di tragedie lontane e vicine si susseguono, lasciando dietro di sé una scia di commenti, polemiche, bozze di strategie politiche destinate a sfaldarsi, superate da una realtà sempre più complessa, urgente e dolorosa. Quando ho visto per la prima volta Orizzonti, libro senza parole edito da Carthusia, sono stata conquistata dall’atmosfera che permea le tavole di Paola Formica. Le illustrazioni sono intense, espressive, pregne di significato, ma delicate e colme di rispetto. Invece di indugiare sui particolari, la narrazione per immagini si rivolge liberamente alle interpretazioni del lettore e il finale è aperto. In questo senso, penso che un silent book costituisca una modalità privilegiata per affrontare una tematica come quella delle migrazioni e della tragedia delle traversate sui barconi affollati.

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In Orizzonti, il protagonista è un bambino che fugge dalla sua terra per conquistare la libertà e una nuova vita. Il suo destino s’intreccia a quello di altre persone che salgono su un’imbarcazione fatiscente per attraversare il mare. Gli occhi, sempre in primo piano, trasmettono le emozioni che si dibattono nell’animo: paura, sgomento.

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Questa immagine immersa nel buio non ha bisogno di lunghi commenti. Riconosciamo il profilo del bambino, avvertiamo – palpabile – il suo terrore.

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Sappiamo come sia difficile affrontare questi avvenimenti con i bambini, i quali osservano e ascoltano le notizie che scorrono veloci, spesso in maniera rumorosa e violenta. Attraverso questo libro di sole immagini, è possibile soffermarsi a riflettere. Le immagini offrono una possibile interpretazione dei fatti e filtrano le tragiche vicende e le intense emozioni, attraverso una modalità di comunicazione più vicina e fruibile dai piccoli. Gli adulti possono così adottare un approccio delicato che non edulcora la realtà, ma lascia più spazio e tempo per elaborarla.

Il libro si conclude con un “piccolo elogio del libro senza parole” di Ferruccio Giromini che racchiude tutte le motivazioni e le caratteristiche che fanno sì che un silent book sia un libro speciale, profondo e coraggioso.

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Orizzonti è stato finalista al Silent Book Contest 2014, Premio internazionale dedicato ai silent book.
Per conoscere meglio la genesi del libro e il percorso artistico dell’Autrice, Paola Formica, vi rimando a questo interessante articolo e all’intervista apparsa su uno dei nostri siti preferiti, Milkbook.

Paola Formica
Orizzonti
Carthusia 2015

 


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La piscina

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E’ difficile dare una definizione dei libri illustrati privi di testo. Si chiamano “libri senza parole”, oppure “silent book”: effettivamente non vi è un racconto stampato sulla pagina, ma è altrettanto vero che le immagini – da sole –  raccontano una storia con ricchezza di suggestioni e sfumature. Le illustrazioni, perlomeno quelle di qualità, ampliano ed espandono i contenuti e i sentimenti e permettono a ciascun lettore di contribuire con la propria narrazione, quella che scaturisce dal vissuto personale. C’è un filo sottile, ma resistente al tempo e alle mode, che lega i libri illustrati alla tradizione degli antichi figurinai: un patrimonio culturale e antropologico dalle infinite possibilità.

La Piscina è l’opera prima di Ji Hyeon Lee, giovane artista della Corea del Sud. Se non lo avessi saputo prima, sfogliandolo avrei comunque pensato: è un libro di Orecchio Acerbo. Vi ho parlato recentemente di questa raffinata e peculiare casa editrice a proposito dello splendido albo illustrato La pantera sotto il letto. Sono entrambi libri di grande formato che spalancano le porte all’arte e alla bellezza, senza tralasciare la profondità e l’originalità dei temi. La Piscina è un libro perfetto per la stagione che è ormai alle porte, quella in cui abbiamo voglia di freschezza, di avventura e durante la quale possiamo confidare su ritmi più lenti per assaporare le storie.

Il tratto di Ji Hyeon Lee è permeato di nitore ed eleganza. Nel suo stile coesistono in perfetta armonia la cura dei dettagli – che suggeriscono una lentezza sapiente e delicata – e le tavole di più ampio respiro, dove i colori sono vividi e onirici al tempo stesso. Le illustrazioni sono fresche come se emergessero veramente dall’acqua: ad osservarle, sembra quasi di percepire lo sciabordìo, il sentore del cloro, i riflessi sulle pareti e le mattonelle.

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All’inizio la grande piscina – una liquida, schietta metafora della vita – è invitante, ma incute anche un certo timore agli occhi del piccolo protagonista. I bagnanti grigi, rumorosi e goffi la ricoprono come un manto soffocante e assordante, un cicaleccio superficiale. Galleggiano, pavidi e sgraziati nelle loro ciambelle gonfiabili, incapaci di andare in profondità. Tuffarsi significa, dunque, osare: ci vuole coraggio, capacità di scegliere… non è per niente facile e il bambino lo sente. All’inizio, lui è raffigurato in bianco e nero come il resto della folla, anche se si distingue per il suo restare in disparte. Immergendosi, riprenderà colore (il costume, la carnagione) e, quindi, vita autentica.

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Il bambino raccoglie la sfida e si tuffa verso un mondo nascosto che, al contrario della superficie, è fatto di colori intensi, luminosi. Una bambina lo osserva, incuriosita, e decide di seguirlo.

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S’incontrano sott’acqua e, insieme, iniziano la scoperta di quell’universo magico, fantasioso: un altrove fatto di bellezza e ironia, un luogo dove si possono fare incontri insoliti e stupefacenti…

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… persino la grande, lenta e bianchissima Moby Dick.

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Alla fine, i bagnanti escono dalla piscina. L’umanità grigia è sempre goffa e sgraziata, si accalca, qualcuno resta indietro mentre gli altri voltano le spalle; invece i bambini – che significativamente si trovano sulla sponda opposta – hanno gesti fini e gentili, lui aiuta lei. Entrambi sono a colori, dal momento che l’avventura condivisa ha conferito loro la scintilla della scoperta, della benevola e giocosa curiosità verso il mondo e la vita stessa.

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Prima di andarsene, si guardano negli occhi e si sorridono. Sono amici, sono complici. Sanno che s’incontreranno di nuovo, che si tufferanno ancora, per andare oltre.

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In conclusione, troviamo una breve dedica che suggella il significato più profondo di questo libro (vedi immagine sottostante). La superficie è la mediocrità, il conformismo. La profondità delle acque, raggiunta con audacia e fantasia, rappresenta la libertà, l’originalità, l’intelligenza, la forza dell’immaginazione. L’acqua stessa è un elemento primordiale carico di simbolismi, da essa si genera e si rigenera la vita: nei mesi di gestazione, l’ambiente in cui cresciamo e ci nutriamo è acquatico. I due bambini sono ancora intensamente connessi a questi elementi simbolici; sono due esseri non ancora intaccati dal qualunquismo e dall’ipocrisia.

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La Piscina è un libro per “ragazzi” di ogni età; si può leggere a più livelli a seconda della tipologia di lettore. Viaggio di formazione, avventura, sogno, metafora, gioco, passione per le attività acquatiche, contrapposizione fra il mondo dell’infanzia e quello degli adulti, libertà e ricerca della propria identità. Esso mette in scena, con garbo e sensibilità, una critica ad un certo tipo di società troppo veloce, chiassosa, sorda e incurante che “consuma” senza assimilare nulla per davvero.

La scheda del libro sul sito di Orecchio Acerbo e il booktrailer.